4.24

Home
Su
1.
2.
3.
4.
5.
6.

 

I nomi sono simboli semplici; io li indico mediante lettere dell'alfabeto singole ("x", "y", "z").

La proposizione elementare la scrivo quale funzione dei nomi nella forma: "fx", "φ(x,y)", etc.

Oppure la indico mediante le lettere p, q, r.

4.241    Se uso due segni in uno stesso significato, esprimo ciò frapponendo tra l'uno e l'altro il segno "=".

"a=b" vuol dunque dire: Il segno "a" è sostituibile dal segno "b".

(Se introduco mediante un'equazione un nuovo segno "b", determinando che esso deve sostituire un segno "a" già noto, scrivo l'equazione - definizione - (come Russell) nella forma "a=b Def.". La definizione è una regola dei segni.)

4.242    Espressioni della forma "a=b" sono dunque solo espedienti di rappresentazione; nulla esse enunciano sul significato dei segni "a", "b".

4.243    Possiamo comprendere due nomi senza sapere se essi designino la stessa cosa o due cose diverse? - Possiamo comprendere una proposizione, ove occorrono due nomi, senza sapere se essi significhino lo stesso o altro?

Se, ad esempio, conosco il significato d'una parola inglese e d'una parola tedesca d'egual significato, è impossibile che io non sappia che le due parole sono d'egual significato; è impossibile che io non possa tradurle l'una nell'altra.

Espressioni come "a=a" o da queste derivate, non sono né proposizioni elementari né segni altrimenti muniti di senso. (Questo si mostrerà più tardi.)